Teodorico Pedrini C.M. |
Il
perchè di un'assenza
“Vulnerati dormientes in sepulchris, quorum non es memor amplius” |
La sua vita a Fermo e a Roma prima della
partenza
La controversia dei Riti Cinesi |
Chi cercasse il suo nome tra i molti libri di storia della nostra città rimarrebbe deluso. In nessuno di essi troviamo una parola su di lui. Ne’ il Maranesi, ne’ il Fracassetti, ne’ il Michetti, ne’ la Lussu, ne’ altri menzionano minimamente Teodorico Pedrini. Verrebbe spontaneo iniziare con un manzoniano “Pedrini, chi era costui?”. Ma prima ancora di raccontarlo, vorremmo soffermarci su questa stessa domanda. E sul fatto che siamo, oggi, comunque, costretti a porcela. E’ interessante, preoccupante ed anche triste, che oggi, 260 anni dopo la sua morte, siamo qui a chiederci “ma chi era Teodorico Pedrini?”. Ovviamente non è possibile fornire esaustivamente le informazioni che sono oggi disponibili su di lui, grazie ad alcuni studiosi stranieri, ai testi e ai documenti reperibili in biblioteche e archivi, all’estero, in Italia e a Fermo. Ma sicuramente sarà inevitabile, dopo aver, anche solo di sfuggita, guardato ai molteplici aspetti della vita di questo nostro concittadino, a quello che ha fatto, alle incredibili ed importantissime vicende di cui è stato parte, ai decisivi contributi che ha datto alla vita religiosa, politica e culturale della sua epoca, e di quel particolare ambito storico che sono stati i rapporti tra l’impero cinese e la Chiesa Cattolica in particolare e l’occidente in generale, sarà inevitabile chiedersi il perché di questa assenza. Pur tuttavia, leggendo di lui, un inizio di risposta si fa strada e si intravede; risposta che però non è facile formulare compiutamente, almeno per ora. Ma è comunque certo che la vita di Teodorico Pedrini, “indegno prete della Missione”, come si definiva e firmava, abbia già in sé il motivo del proprio oblìo. E lui stesso doveva già presentire tutto questo, se in una lettera del 1727 inviata al Cardinale Filippo Antonio Gualtieri scriveva – citando dal Salmo 87 - di sentirsi come quei “vulnerati dormientes in sepulchris, quorum non es memor amplius”: “feriti e umiliati, che riposano nelle loro tombe, e di cui non conservi neanche più il ricordo”.
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