Teodorico Pedrini C.M. |
Il carattere di Teodorico Pedrini |
Il perchè di un'assenza La sua vita a Fermo e a Roma prima della partenza La controversia dei Riti Cinesi |
E’ bene chiarire subito un aspetto: Teodorico Pedrini aveva un carattere un pò ostico e spinoso. Era un tipo sincero ma intransigente, passionale ma severo; non è vero che fosse poco diplomatico, come da più parti si è sostenuto, sapeva quando era il momento di cedere. Aveva un notevole sense of humor e una grande cultura. Le sue lettere sono piene di citazioni dai classici, ma anche di sarcasmo e di battute di spirito e portate in giro. Se anche le persone a lui più vicine non poterono esimersi dal criticare alcuni suoi comportamenti forse impulsivi o draconiani, possiamo immaginare le critiche di chi invece era a lui avverso. Il suo amico e collega Matteo Ripa, con cui si incontrò a Manila nel 1709 ed entrò in Cina nel 1710, con cui andò a Pechino nel 1711 e visse gomito a gomito, dalla stessa parte, fino al 1724, scrisse sul suo Giornale (1705-1724), sotto la data del 19 febbraio 1712: “…andava il sig.Pedrini colla sua abilità nella musica […] sempre più crescendo nell’affetto di quel gran monarca [Kangxi], tanto che se avesse avuto meno fuoco e più prudenza […] avrebbe ottenuto da quel potentato tutto quello ch’avesse voluto…”. Quel “se avesse avuto meno fuoco e più prudenza” può essere messo come un’etichetta su tutta la vicenda umana di Teodorico Pedrini. Ma al 3 giugno 1712 Ripa scrisse anche “…ma al ritorno ritrovai il mio appartamento sbadato: dico senza porta, avendosela presa il detto signor Pedrini, allegando per ragione averne avuto bisogno per aggiustarsi meglio l’appartamento suo. Non sarò forse creduto: e pur così passò la cosa, tanto era d’umor stravagante il detto signore.” E se anche un amico lo definisce stravagante, forse ci si può credere. Ma anche tra “quei due” non mancarono episodi di tensione, come quando Ripa si lamentò con il Vescovo di Pechino Della Chiesa, nel febbraio 1720, tanto che lo stesso vescovo, ormai molto vecchio e stanco, non potè fare a meno di rimproverare Pedrini “…il sig. abbate Matteo Ripa il quale mi significa le impertinenze e le vessazioni che ricevè da V.S. [che]….. si vuole usurpare per sé tutta la casa in codesta villa di Tchang-Chun Yen… col buttar via e strapazzando sue robbe come vi piace, coll’haver più volte minacciato di bastonare li suoi servi …”. (Lettera di Bernardino Della Chiesa a T.Pedrini del 7 febbraio 1720, in Sinica Franciscana vol.V, p.751). Sicuramente deve essere stato un tipo strano. I suoi detrattori, vecchi e nuovi, hanno avuto buon gioco a prendere spunto dal suo carattere per muovergli critiche ben più serie e pesanti. Si va infatti dall’eufemistico giudizio di Von Pastor “…Pedrini con i suoi pianoforti era salito assai nel favore di Kangxi, egli si credette chiamato a prendere in mano per proprio conto la soluzione della questione rituale […] egli non ebbe vergogna di accusare innanzi all’Imperatore pagano i suoi confratelli di sacerdozio […] e ottenne perfino (!) di poter scrivere al Papa in nome dell’Imperatore…” (L.VON PASTOR, Storia dei Papi, Roma, 1962, vol.XV, p.351); alle ben più pesanti critiche di A.Vanconcelos de Saldanha “....personaggio incontrollabile […con] propensione al protagonismo […] mancanza di tatto e di carattere […] temerarietà che sfiorava l’incoscienza…” (Da Kangxi al Papa per la Via del Portogallo, Macao 2002, pagg.214-5) Nelle sue lettere Pedrini ha avuto anche occasione di prevedere l'accoglienza che le sue relazioni scritte, o i suoi comportamenti quotidiani avrebbero ricevuto non solo nelle corti europee, o a Roma, ma anche nella storiografia successiva, dimostrando così un eccezionale senso storico. Ma una delle sfaccettature del suo carattere vulcanico era una notevole dose di ironia e sarcasmo; come quello rivolto al fratello Priore di S.Michele Arcangelo: “S’ella vuol venire a starci [in Cina], e lasciar il boccone da Prete del suo Priorato, potrà qui ergersi a Priore, e Posteriore come vuole, stando solo; s’abbi cura però delle bastonate Cinesi, e delle Prigioni de’ Giesuiti; Io hò provato l’une, e le altre…” (Lettera al fratello Eraclito, 31 ottobre 1724, C.M. Roma). E neppure lesinava battute e giochi di parole, talvolta in famiglia: “Spero in Dio che stia bene mà non lasci darmi le nuove sì della sua salute, come della nostra carissima sorella Maria Isabella, e dell’altre, e del Signor Buratti e Burattini…” (Lettera al fratello Eraclito, 27 settembre 1744, C.M. Roma); talvolta verso le autorità cinesi: “…ma ciò non era propriamente star presi, perché quei Mandarinetti non ci guardavano…” (Annotazioni sopra il Giornale della Legazione della Cina, scritto da Padre Viani Servita, attribuito a T.Pedrini, f35 R); ed anche qualche volta verso gli amici: “già lo vedevo, che avea faccia da Fondatore” (Lettera del 25 ottobre 1726 a Matteo Ripa, che ritornò in Italia nel 1724 per fondare il Collegio de’ Cinesi, seminario per formare nuovi missionari). Allo stesso modo e frequenza con cui si divertiva a sbeffeggiare parenti ad amici, sapeva anche riempire le sue bellissime lettere di dotte citazioni, dalla Bibbia, ovviamente, ma anche da Tommaso D’Aquino, da Giovenale, da Orazio, ed anche da Abelardo o Petrarca. Così non mancano tra le sue espressioni alcuni annotazioni di tipo giuridico, di cui poteva disporre grazie alla sua formazione culturale; Teodorico era infatti laureato in diritti civile e canonico presso l’Università di Fermo: ad es. de quo agitur, pactum retrovenditionis; valore della condizione nella firma di Matteo Ripa nel Diarium Mandarinorum. Infine l’uso di alcune figure retoriche è frequente, unitamente ad espressioni di forte presa suggestiva, come quando descrive la sua origine: “Sono nato da parenti poveri sì, ma timorati di Dio, e d’una pietà conosciuta: M’hanno sempre allevato col latte tenero del timor di Dio, della Dottrina Cristiana e Cattolica…” (Lettera a Matteo Ripa, 25 ottobre 1726, ACGOFM-MH); o quando invita il collega Matteo Ripa ad inviare in Cina altri giovani missionari: “se viene qualcuno de’ suoi allievi, gli dia ordine di star in Pekino, sarà metter oglio nella lucerna, che si estingue…” (Lettera a Matteo Ripa, 5 novembre 1734, ACGOFM-MH); ovvero di efficace immediatezza comunicativa: “le dirò, che avendo cosi di longa mano procurato di mettermi in disgrazia dell’Imp/e fù poi facile, quando stava qui Mon/r Mezzabarba, (…) fù facile dico che l’Imp/e in un impeto di collera chiamatomi alla sua presenza, mi facesse bastonare….” (Lettera al Card. Filippo Antonio Gualtieri, 20 ottobre 1727, APF). Il suo multiforme bagaglio culturale e il suo variegato quadro psicologico fanno di Teodorico Pedrini una personalità eccezionalmente interessante e stimolante, che sicuramente diede ai suoi avversari la scusa per attaccarlo, ma altrettanto certamente fu motivo di stima e ammirazione da parte dei suoi amici e confratelli, e di soddisfazione e fiducia riconosciutegli anche dal Papa Clemente XI, dal Segretario di Stato Cardinal Fabrizio Paolucci, dal Prefetto di Propaganda Giuseppe Sacripante, e da - non ultimo - l’Imperatore Kangxi. |
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